Il campo della conservazione e del restauro è stato solo recentemente introdotto in Palestina come mezzo per preservare l’identità. Sia sotto la precedente amministrazione israeliana che quella palestinese attuale, molti siti storici sono stati distrutti nel processo di costruzione di nuovi edifici e strade. Poca o nulla attenzione viene posta alla manutenzione, al restauro, alla conservazione e alla valorizzazione di questo patrimonio culturale e, di conseguenza, la maggioranza dei siti archeologici e storici e delle costruzioni tradizionali della Palestina sono scarsamente conservate, soffrono per abbandono, degrado, negligenza e vandalismo.
Ci sono molte difficoltà e ostacoli nell’attuazione delle politiche di conservazione, tra cui la mancanza di personale qualificato, di metodologie e strategie chiaramente definite, nonché di informazioni e competenze tecniche e tecnologiche. La conservazione del “vecchio” e la costruzione del “nuovo” sono sempre in conflitto tra la preferenza alle nuove costruzioni in nome del progresso e dello sviluppo e l’investimento necessario al mantenimento del patrimonio culturale. Questo atteggiamento è caratteristico sia delle autorità governative che della popolazione in generale. Per questo proprio in questo periodo stiamo portando avanti, all’interno del progetto Sumud, attività di conservazione e valorizzazione del sito di Al Burj. Mentre era in corso l’attività è crollata la volta di una costruzione antica, nelle vicinanze della cittadella, a causa dell’abbandono. La nuova legge per la protezione dei beni culturali ha migliorato in parte la situazione ma molto resta da fare sia in termini di sensibilizzazione e sia di conservazione e valorizzazione affinché sia applicabile e diventi patrimonio del sentire comune.
Il risultato è che i siti soffrono di degrado diffuso, aggravato da scavi clandestini e traffici illeciti di antichità. A questo si aggiungono gli effetti dell’occupazione israeliana, che includono attività archeologiche discriminatorie, periodiche operazioni militari, la presenza del Muro di Separazione, le chiusure e i posti di blocco attorno alle città, la presenza di colonie israeliane e di parchi nazionali israeliani nel territorio della Cisgiordania.
Indubbiamente il contesto generale non aiuta la situazione. È una fase pericolosa per la storia culturale palestinese e c’è un grave rischio che l’importanza e il valore di questi beni siano sottovalutati e possano essere distrutti e perduti per sempre, in particolare in assenza di norme giuridiche vincolanti
Su questi temi si è svolto un incontro il 31 gennaio 2021, dal titolo
La memoria e la cultura di Palestina, un bene da preservare, rivendicare, trasmettere
a cui hanno partecipato, oltre ai partners del progetto Sumud:
Ahmad Rajub, Ministero del Turismo e delle Antichità palestinese – le sfide quotidiane che le autorità locali affrontano nella salvaguardia del patrimonio palestinese nell’area
Carla Benelli, storica dell’arte – la condizione del patrimonio culturale palestinese in riferimento alla situazione internazionale
Ihab Daoud, Direttore del Dipartimento di Conservazione e Gestione dei Siti – Ministero del Turismo e delle Antichità – ruolo del Dipartimento nella conservazione e valorizzazione dei siti storici palestinesi e coinvolgimento nel progetto di al Burj
Hani Nur Eddin, direttore del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Al Quds – appropriazione del patrimonio culturale palestinese da parte di Israele.
Il link alla registrazione dell’evento facebook: